venerdì 6 marzo 2015

Barilla: un approccio Glocal


Se in tanti settori di nostra competenza noi italiani riusciamo a farci sfilare il primato dalle mani, per fortuna questo non è il caso della pasta secca, dove a dominare è un’azienda italiana, top of mind per la maggior parte del grande pubblico: la Barilla. Fondata da Pietro Barilla nel 1877 a Parma come bottega che produceva pane e pasta, l’azienda si evolve lungo quattro generazioni che hanno portato l’azienda al successo prima nazionale, poi globale. Con l’arrivo di Guido, Luca, Paolo ed Emanuele alla direzione aziendale, il gruppo ha cercato di mantenere costante il trend relativo al processo di internazionalizzazione tramite l’acquisto di aziende in vari paesi del mondo. Attualmente Barilla è presente in più di 125 paesi nel mondo, ha un fatturato di poco inferiore ai 4 miliardi di euro ed un utile netto di 76 milioni di euro.


 Senza addentrarci nuovamente sull’infelice dichiarazione fatta da Guido a Radio 24 che ha fortemente allontanato il mondo omosessuale dal brand, appare interessante analizzare la strategia adottata da Barilla per il suo processo di internazionalizzazione.
Facendo un passo indietro, questa tendenza nel settore della pasta secca nel suo complesso è iniziato negli anni ’90. Fino ad allora infatti la maggior parte delle imprese operava a livello regionale, raggiungendo i mercati esteri solamente tramite le esportazioni. Nonostante ciò la pasta italiana era già conosciuta ed apprezzata all’estero grazie ad una discreta diffusione nel mondo della dieta mediterranea e ad un’elevata presenza in paesi quali Germania e Stati Uniti di consumatori italiani.
La vera svolta nelle strategie delle aziende italiane avvenne in reazione all’ingresso di multinazionali estere nel mercato italiano: nel 1988 Nestlè comprò Buitoni e due anni dopo BSN comprò la quota di maggioranza di Agnesi. Fu quindi Barilla a guidare la controffensiva dei produttori italiani tramite un massiccio investimento in comunicazione e promozioni che gli permise di aumentare e consolidare la sua fetta di mercato, sia in Italia che all’estero. Benché l’azienda avesse già aperto una filiale in Francia negli anni ’70, fu proprio in questo periodo che il top management comprese la differenza tra esportazione e business a livello mondiale, iniziando ad acquisire varie aziende in molti paesi.
A questo punto la sfida fu quella di cambiare il modo in cui affrontare i mercati, diventare più strategici e comprendere qual era la modalità adeguata per entrarvi. Fondamentale era quindi dare risposte differenziate alle pressioni di adattamento locale. Tuttavia in tutti i mercati in cui opera, l’azienda offre sempre lo stesso prodotto core i cui punti di forza sono la qualità, il prezzo e i valori aziendali. Oltre a elementi relativi al prodotto quali il packaging (unica pasta in questa fascia ad avere la confezione di cartone) e l’estensione della gamma, è la comunicazione di valori di cui l’azienda si fa portatrice che fa la differenza. In Italia infatti il brand è riuscito a costruire un forte binomio tra Barilla e casa, e quindi tutti i valori legati alla famiglia, ovviamente rigorosamente tradizionale (nonostante le scuse di Guido ancora non sono comparse coppie gay). In molti paesi esteri invece l’associazione creata è stata naturalmente quella tra Barilla e qualità italiana. 


Una cosa molto interessante da notare è che andando sui siti Barilla dei vari paesi esteri, al di là del prodotto core, e del comune richiamo al made in Italy vengono promossi prodotti completamente diversi ed inesistenti persino in Italia. Prendendo il caso degli Stati Uniti ad esempio, nonostante il claim “the choice of Italy” in questo paese vengono commercializzati vari prodotti che farebbero letteralmente rabbrividire un italiano: le Barilla Pronto, le ProteinPlus e le Italian-Style Entreés. Le prime di queste si caratterizzano per avere dei tempi di preparazione veramente rapidi; basta infatti versare la pasta direttamente in una padella, coprirla con 3 bicchieri d’acqua ed aggiungere la propria salsa (Barilla) preferita dopo pochi minuti senza neanche scolarla. 













Il secondo prodotto è invece un tipo di pasta arricchito con proteine vegetali, un mix che per noi può apparire alquanto disgustoso ma che è sicuramente gradito al consumatore statunitense[i]













Infine l’ultima linea di prodotti è quella che a mio parere potrebbe essere definita da un buongustaio italiano “da codice penale”: le Italian-Style Entreés. Questo piatto prelibato consiste infatti in una vaschetta da mettere al microonde che contiene separatamente della pasta precotta ed una salsa a scelta disponibile anche al gusto pollo[ii].














Incrociando le dita perché questi piatti non arrivino mai in Italia, c’è da dire che ad ogni modo l’impronta data all’azienda è sicuramente vincente: associare l’idea del made in Italy a piatti in realtà adattati sul contesto locale è un ottimo modo di fare business. Con questa strategia di marketing ed un buon corso di comunicazione a Guido possiamo star certi che in futuro le vendite non subiranno altri cali.







 Eric Martignon

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