venerdì 30 gennaio 2015

Barbie: oltre i glitter!

Sono ben 56 anni che la biondina Barbie strizza l’occhio e ammicca a intere generazioni, ma cosa si nasconde dietro cotanto fascino, e soprattutto cosa spinge, ancora oggi, le masse ad acquistare un assemblaggio di plastica inanimato e grezzo?

Definire una strategia di marketing quella mossa dalla Mattel è limitativo, siamo infatti di fronte a un piano strategico che ha nettamente anticipato le mosse future degli attuali manager. Possiamo infatti affermare che la Barbie, oggi ma anche 56 anni fa, è un prodotto 3.0! Kotler ha spiegato come il marketing si sia evoluto, partendo da un grossolano 1.0 orientato esclusivamente alle vendite dei prodotti fino ad arrivare al futuristico 3.0 “i valori al centro!”, passando per l’attuale focus sul consumatore chiamato anche 2.0.

Dire che la nostra Barbie sia 3.0 non è azzardato, da sempre la biondina è simbolo del sogno di ogni bambina che costi quel costi vuole giocare con l’unica bambola che sia degna di attenzioni, che sia il voler emularla o il voler “sognare” insieme a lei, a noi non interessa! La barbie ha sempre avuto come core business “i valori”, che siano materiali e non adatti ai bambini, ci interessa ancor meno.

Ciò che è opportuno osservare invece è come questo inanimato oggetto sia stato capace, ancor prima di Kotler, ancor prima che milioni di ragazzine nascessero, di capire il mercato.
Forse Ruth Handle nel lontano ’59 non avrebbe mai immaginato che sarebbero state vendute ben 3 barbie al secondo, all’epoca la maggior parte delle bambole avevano forme e sembianze da bambine e quando osservando sua figlia che giocava con la sua personale doll vide che sempre più la piccola Barbara faceva assumere ruoli da adulti al giocattolo, ebbe la geniale idea di creare una bambola con forme adulte e che soprattutto rispecchiasse ciò che tutte le donne vorrebbero essere, bella!

Il sogno, l’ambizione e l’emulazione delle più piccole è certamente una strategia moderna di marketing, a capirlo in anticipo lo è stata la casa di produzione, la Mattel, che per rendere sempre più iconica ma anche non veritiera seppur irraggiungibile, crea una vera e propria bibliografia intorno al mito Barbie.  Il nome completo sarebbe Barbara Stefania Roberts, la sua è una famiglia composta da molte sorelle, Skipper, Shelly, Krissy e i gemelli Tutti e Todd. 
Ma di iconico quanto lei c’è solo il fidanzato, Ken, da Kenneth (altro figlio degli inventori).
La lovestory dei due fila dritto per ben 46 anni, poi purtroppo la biondina più famosa al mondo decide di lasciare il suo fiabesco fidanzato per il bello e dannato surfista Blaine. Tra i due però c’è solo un piccolo flirt, e per la gioia di milioni di ragazze che erano incollate agli scaffali ad aspettare il ritorno di fiamma tra Barbie e Ken, nel 2006 la coppia ritorna finalmente a far sognare il mondo
.
Si potrebbe chiamare storytelling? E se lo fosse con quanto anticipo lo abbiamo visto?

In questi giorni però sono arrivate le dimissioni di Bryan Stockton, ma davvero crediamo che la Barbie non faccia tendenza? Rispolveriamo i nostri bauli, diamo una vita nuova a ciò è che stato il nostro passato! La Barbie non può morire, sarebbe come seppellire un pezzo di cuore, o meglio ancora un pezzo di storia. Perché dietro a tanti glitter c’è una donna, e va difesa!   
(Luigi Sciarra)